Convoluted Inferences - fovea's secret garden

Convoluted Inferences – fovea’s secret garden

installation

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Co-de-iT + Mirco Bianchini and Alessandro Zomparelli

On invitation by MIGZ committee: Alexei Sherbina

Moscow local crew: Alexandra Gavrilova, Sergey Titov, Nataly Solovieva, Anzhelika Baryshnikova

Photos: Sergey Titov

MIGZ Festival, Moscow  55°44’27.05″N,  37°36’33.50″E

2011

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The eye is, in itself, a poor organ for vision: while our peripheral vision feeds our brain with a general but blurred image, our ability to perceive the details is limited to the narrow fovea (the only part of the retina that permits 100% visual acuity) in the eye’s retina. Vision is then a matter of unconscious inferences: making assumptions and conclusions from incomplete data, based on previous experiences.
Thriving on these defaults, the installation works on a varying range of perceptive and affective scales: the convolutions of the overall shape, generated from the simulated material behavior, cause an inferential reaction on the observer by showing an incomplete set of information about the general shape itself, which contours furthermore vibrate for the complexity of the component. This inference and the inability to perceive the details trigger an atractive process, but the complexity of the component detail can be appreciated only at a scale where the perception of the whole is lost; rolling backwards, it becomes clear that the effect of the whole is more than just the sum of the constituent parts.
The installation doesn’t embed a specific meaning or direct/indirect intentional metaphor about what has to be discovered or the discovery as a process, rather it is an experiment (or proof of concept) on how morphology, organization, material systems and patterns have the ability to trigger dynamic behavioral effects and interaction in space and time. Complexity is engaged on the level of articulating excess and exuberance as systems where form, space, material and ornament create an intricate elegance on a perceptual scale gradient.
Working on a strict budget and time constraint, our goal was to push the installation’s complexity as a result of aggregation and mutual relation of simple shapes, starting from the elementary geometric unit for structural resistance: the triangle. Our exploration proceeded in parallel experimenting simultaneously with components morphologies that were able to embed structure, space and ornament in a single element as well as overall organizations that could take care of structural, economic and perceptive issues solved through morphological response in order to maintain a readable ordering principle while still giving us margins and buffers that allowed us to manoeuvre the desired gradients of complexity as well as to verify the system’s effects and affects.
On a purely technical standpoint, the installation design has followed 3 steps:. mesh subdivision (Grasshopper + Weaverbird): the general surface is generated from a starting mesh triangle which is then subdivided through Catmull-Clark algorithm, culling out 3 faces in order to generate the convolutions;
 
Surface generation
. mesh relaxation through cloth simulation (Blender): the relaxed convoluted mesh simulates closely enough the cloth stress condition (traction only, no compression, inflexion or torsion), an important prerequisite that allowed us to use lightweight flexible material such as natural polypropylene 0.5 mm thick;
 
Installation size
. component proliferation (Grasshopper+ custom scripted components): as a result of the Catmull-Clark subdivision, all mesh faces are quadrangular. This condition was exploited by triangulating the mesh and choosing triangles in an alternate pattern: this strategy maintains structural integrity (all remaining triangles are connected) while using half of the surface area. In order to increase complexity and enrich the range of effects, components have a gradient variation in height according to their horizontal condition: the more they approach the horizontal condition, the higher and more developed they become. Each component, realized through laser cut from polypropylene flat sheets, has 3 radial “petals” with variable number of cuts and curve tangency according to the individual morphology and the height gradient, embedding the necessary cuts for assembly. All components are assembled using plastic ties.
 
Component
Component Assembly

Distribution rules

The overall assembled structure is then hung on a plywood custom laser cut support. Here’s some data facts:
data
Poster 528 phenotypes

 

All the 528 phenotypes

You can also download the pdf of the 528 different phenotypes, the dataviz pdf panel and (soon) the Grasshopper definition+Rhino file. Follow the link below:

download material[testo in italiano]

Installation assembly process


L’occhio è, di per sé, un organo insufficiente alla visione: mentre la vista periferica fornisce al cervello una immagine generale ma sfocata, la nostra capacità di percepire i dettagli è limitata ad una piccola zona della retina: la  fovea (l’unica parte della retina che consente un’acutezza visiva del 100%). La visione è quindi una questione di inferenze inconsce: fare assunzioni e trarre conclusioni da dati incompleti, basandosi sulle esperienze pregresse.

Fondandosi su uesti limiti, l’installazione lavora su uno spettro variabile di scale percettive e di influenza: la convoluzione della forma generale, generata tramite la simulazione del comportamento materiale di tessuti appesi, causa una reazione inferenziale nell’osservatore (spingendolo a formulare ipotesi) mostrando solo un insieme incompleto di informazioni sulla propria conformazione (il cui contorno vibra ulteriormente grazie alla complessità dei componenti che la popolano). L’inferenza generata e l’inabilità a percepire i dettagli  attivano un processo di attrazione, ma la complessità del componente può essere apprezzata solo ad una scala in cui si perde la percezione generale; riallontanandosi, appare chiaro come il tutto sia qualcosa di più della  somma delle parti costituenti.
L’installazione non incorpora nessun significato specifico (non mira, cioè, a farsi veicolo di un contenuto predeterminato) ometafora (diretta o indiretta) intenzionalmente creata su cosa vada  scoperto né sulla scoperta in sé come processo; si tratta piuttosto di un esperimento (o prova di concetto) su come morfologia, organizzazione, sistemi materiali e patterns abbiano l’abilità di innescare processi di influenza comportamentali dinamici e interazioni nello spazio e nel tempo. La complessità viene affrontata nell’articolare l’eccesso e l’esuberanza come sistemi in cui forma (sia come risultato che come organizzazione interna), spazio, materia e ornamento creano una intricata eleganza lungo un gradiente di scale percettive.
Lavorando entro limiti stretti di budget e di tempo, il nostro obiettivo è stato di spingere il più possibile sulla complessità come effetto di aggregazione e mutue relazioni tra forme semplici, partendo dall’unità geometrica elementare in grado di avere resistenza strutturale: il triangolo. L’esplorazione è proseguita in parallelo sperimentando simultaneamente morfologie di componenti capaci di incorporare struttura, spazio ed ornamento in un unico elemento e organizzazioni generali che dessero risposta alle istanze strutturali, economiche e percettive attraverso una risposta di tipo morfologico così da mantenere un principio ordinatore leggibile pur lasciandoci margini di manovra per gestire i gradienti di complessità desiderati e verificarne effetti ed influenze.
Dal punto di vista strettamente tecnico, il progetto dell’installazione ha seguito 3 fasi: 
. suddivisione della mesh (Grasshopper + Weaverbird): la superficie generale è stata generata a partire da un triangolo mesh successivamente suddiviso secondo l’algoritmo di Catmull-Clark, eliminando 3 facce per generare le successive convoluzioni;

. rilassamento della mesh tramite cloth simulation (Blender): la mesh convoluta e rilassata dopo la simulazione approssima in modo sufficientemente accurato per i nostri scopi la condizione strutturale dei tessuti appesi (solo trazione, nessuna compressione, flessione o torsione), un prerequisito importante per consentirci di usare materiali flessibili e lggeri come il polipropilene naturale da 0.5mm di spessore;

. proliferazione del componente (Grasshopper + custom script components): come risultato della suddivisione di Catmull-Clark, tutte le facce della mesh sono quadrangolari. Sfruttando questa condizione la mesh è stata triangolata per poi scegliere i triangoli con un pattern alternato: questa strategia mantiene inalterata l’integrità strutturale (tutti i triangoli rimanenti sono reciprocamente connessi) pur utilizzando metà dell’area della mesh. Per incrementare la complessità ed arricchire la gamma di effetti, i componenti hanno un gradiente di variazione in altezza a seconda della loro orizzontalità: più si avvicinano alla condizione di orizzontalità, più alti e sviluppati divengono. Ogni componente, realizzato tramite taglio laser a partire da fogli piani di polipropilene, ha 3 “petali” radiali con un numero variabile di tagli e diverse tangenze delle curve a seconda della morfologia individuale e del gradiente di altezze, includendo anche i tagli necessari all’assemblaggio. Tutti i componenti sono stati assemblati con fascette in plastica.

La struttura finale è stata quindi appesa ad un supporto in compensato sagomato ad hoc tramite taglio laser. 

 


 


_ Downloads
. GH definition + Rhino 3dm file (coming soon)

L’occhio è, di per sé, un organo insufficiente alla visione: mentre la vista periferica fornisce al cervello una immagine generale ma sfocata, la nostra capacità di percepire i dettagli è limitata ad una piccola zona della retina: la fovea (l’unica parte della retina che consente un’acutezza visiva del 100%). La visione è quindi una questione di inferenze inconsce: fare assunzioni e trarre conclusioni da dati incompleti, basandosi sulle esperienze pregresse.

Fondandosi su uesti limiti, l’installazione lavora su uno spettro variabile di scale percettive e di influenza: la convoluzione della forma generale, generata tramite la simulazione del comportamento materiale di tessuti appesi, causa una reazione inferenziale nell’osservatore (spingendolo a formulare ipotesi) mostrando solo un insieme incompleto di informazioni sulla propria conformazione (il cui contorno vibra ulteriormente grazie alla complessità dei componenti che la popolano). L’inferenza generata e l’inabilità a percepire i dettagli attivano un processo di attrazione, ma la complessità del componente può essere apprezzata solo ad una scala in cui si perde la percezione generale; riallontanandosi, appare chiaro come il tutto sia qualcosa di più della somma delle parti costituenti.

L’installazione non incorpora nessun significato specifico (non mira, cioè, a farsi veicolo di un contenuto predeterminato) ometafora (diretta o indiretta) intenzionalmente creata su cosa vada scoperto né sulla scoperta in sé come processo; si tratta piuttosto di un esperimento (o prova di concetto) su come morfologia, organizzazione, sistemi materiali e patterns abbiano l’abilità di innescare processi di influenza comportamentali dinamici e interazioni nello spazio e nel tempo. La complessità viene affrontata nell’articolare l’eccesso e l’esuberanza come sistemi in cui forma (sia come risultato che come organizzazione interna), spazio, materia e ornamento creano una intricata eleganza lungo un gradiente di scale percettive.

Uno degli obiettivi che ci eravamo prefissi dal principio era generare ed articolare in modo ordinato quanta più complessità fosse possibile a partire da regole e forme semplici. Siamo quindi partiti dall’unità elementare geometrica che consentisse rigidezza strutturale (il triangolo) esplorando contemporaneamente organizzazioni morfologiche dei componenti che incorporassero struttura, spazio ed ornamento in un unico elemento (ad esempio, i componenti si differenziano, oltre che per la loro posizione nella morfologia generale, secondo un gradiente di sviluppo tridimensionale proporzionale al parallelismo dgli stessi con il piano orizzontale), e configurazioni generali che tenessero conto di aspetti strutturali, economici e percettivi pur lasciandoci i margini operativi necessari per manovrare i gradienti di complessità che ci interessavano e verificare gli effetti del sistema al lavoro.